fbpx

La Panarda abruzzese è uno dei riti più antichi dell’Abruzzo legati al mondo della tradizione e della tavola.

Scoprire l’Abruzzo significa scoprire le usanze tipiche di questa regione regione. Prima tra tutte la Panarda abruzzese, un rituale della tradizione contadina, simbolo di condivisione e solidarietà tra la comunità che aderiva al banchetto. La Panarda abruzzese non è altro che un grande e  generoso banchetto composto da tantissime portate, circa 30, e può arrivare a contarne fino a 60! Il meglio della cucina abruzzese servito a tavola.

Le origini di questa tradizione risalgono all’epoca medioevale. Ogni portata veniva annunciata con degli spari di cannone e si differenziava l’una dall’altra. Si passava da piatti poveri a piatti molto ricchi, dando origine ad una varietà di pietanze davvero notevole. La panarda abruzzese era un rito cerimoniale che, tra sacro e profano, veniva iniziato dal panardiere, che, dopo aver recitato il Padre Nostro, dava l’ordine di distribuire le pietanze. La prima di queste era la “panarda” appunto, il piatto simbolo che da il nome a tutta la tradizione, cioè fave lesse condite con olio o lardo, cipolla e peperoncino, e un pezzo di pane.

Le regole del banchetto erano ferree. La cena durava per tutta la notte. Non era consentito arrivare in ritardo e si dovevano consumare tutte le portate senza lasciare il tavolo prima, pena non avere più il permesso a partecipare al rituale e soprattutto l’essere accusati di tradimento.  Ma se oggi la Panarda abruzzese è un rito evidentemente popolare e folcloristico che unisce  sacro e profano, un tempo era anche un momento importante per la comunità per socializzare e per festeggiare.

Il rito della Panarda abruzzese si celebrava nella notte tra il 16 e il 17 gennaio in onore di Sant’Antonio Abate. Il legame del cerimoniale pantagruelico con il santo  è legato ad una leggenda in cui si narra che a Villavallelonga (AQ) una donna, appartenente alla famiglia Serafini, tornando dalla fonte, vide che un lupo teneva nelle fauci la sua bimba lasciata incustodita. In preda al terrore per quella scena invocò Sant’Antonio e, per sua intercessione, il lupo liberò la bimba. Per riconoscenza al voto, la donna promise al santo che avrebbe offerto cibo gratuito alla gente in quel giorno,  voto che poi si è trasmesso alla famiglia e tramandato di generazione in generazione. Difatti è scritto in un documento, datato 1657, che un certo Pietro Paolo Serafini distribuiva la minestra di fave per il voto a Sant’Antonio fatto dai suoi antenati.

Numerosi sono i piccoli centri Abruzzesi, soprattutto nell’aquilano, nei quali si rinnova annualmente il rito della Panarda abruzzese, ma è soprattutto a Villavallelonga, nel cuore del Parco Nazionale in provincia de L’Aquila, che si mantengono ancora le antiche caratteristiche della tradizione, tanto da attirare l’attenzione di studiosi e istituzioni locali, al punto di guadagnarsi la candidatura a patrimonio immateriale dell’Unesco.

Rate this post