Le lenticchie tornano sempre puntuali sulla mensa di chi festeggia il Capodanno come tradizionale augurio di prosperità e ricchezza e le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio non possono mancare sulla tavola dei veri intenditori.
Oggi si fa poco uso di questo legume se non come già detto per festeggiare l’arrivo del nuovo anno o in altre poche occasioni. Se parliamo di volumi produttivi India, Canada, Cina, Turchia sono i principali produttori al mondo. Dal punto di vista qualitativo, però, non sono allo stesso livello delle nostre lenticchie e per di più presentano minori garanzie dal punto di vista della sicurezza alimentare o della tracciabilità. E allora il confronto è presto fatto: conviene investire nelle nostre, forse più care ma sicuramente più buone e consapevoli che così contribuiamo a proteggere un pezzo della nostra biodiversità e l’economia dei produttori locali, come Slow Food insegna
Le lenticchie di Santo Stefano non sono delle lenticchie qualsiasi, ma appartengono ad un preciso biotipo selezionato in questo territorio da moltissimo tempo. La coltivazione dei legumi sugli altipiani aquilani è una pratica che risale addirittura ad epoche remote. La produzione della lenticchia di Santo Stefano di Sessanio, nello specifico, è documentata sin dal X secolo, addirittura prima della fondazione dello stesso borgo di Santo Stefano (AQ), datata al XII-XIII secolo. In quel periodo il territorio era sotto l’influenza dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno e le prime fonti a citare la coltivazione delle lenticchie di Santo Stefano di Sessanio sono proprio i testi monastici, come il celebre “Chronicon Vulturnense”.
La coltura delle lenticchie è stata poi sviluppata dalla Baronia di Carapelle e dalla Signoria dei Medici, che hanno governato il territorio fino al XVIII secolo. Dopo l’unità d’Italia, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio compaiono come prodotto tipico in alcune importanti fonti come “Le Antiche industrie della provincia di Aquila” di Teodoro Bonanni d’Ocre (1888).
Nel 2008 i produttori locali si sono riuniti in consorzio per preservare la tipicità del prodotto.
Sulle pendici del Gran Sasso, a oltre 1000 metri s.l.m. la lenticchia trova il suo habitat ideale, con inverni lunghi e rigidi e primavere brevi e molto fresche, in cui le piante maturano in tempi diversi. Una volta sfalciate, se lasciate sul campo accumulate in piccoli covoni e poi ammassate sotto un telo, nutrono i loro semi portandoli a maturazione. Non ha bisogno di una particolare cura nella coltivazione poiché cresce su terreni aridi e privi di vegetazione. La parte più impegnativa è la raccolta, molto faticosa, che si fa sempre a mano, poiché essendo poco agevoli i campi di raccolta, farlo in modo meccanico comporterebbe una perdita di almeno 1/3 abbondante del raccolto.
Il carattere che caratterizza le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio è sicuramente la loro dimensione: sono infatti tra le più piccole lenticchie in commercio, misurando tra i 2 e i 5mm di diametro. Sono, poi, molto saporite e, cosa molto importante, non hanno bisogno di essere messe in ammollo. La zuppa di lenticchie è sicuramente il modo migliore per apprezzarle.
Eccovi una ricetta per la zuppa di lenticchie di Santo Stefano di Sessanio
Ingredienti per 4 persone:
- 150 g di Lenticchie di Santo Stefano di Sessanio
- 1 spicchio di aglio
- 1 costola di sedano
- 1 carota
- 1 porro
- 100 g di pancetta tesa, in una sola fetta
- 350 g di spinaci
- 250 g di polpa di zucca
- 300 g di patate
- olio extravergine di oliva
- sale e pepe q.b.
Preparazione.
Sbucciate l’aglio e tritatelo insieme con il sedano e la carota mondati. Sbucciate e affettate al velo il porro, tagliate la pancetta a striscioline. Rosolate il tutto in una casseruola con 4 cucchiai di olio, quindi unite le lenticchie, coprite con abbondante acqua fredda, portate a ebollizione e lasciate sobbollire a fuoco basso per circa 1 ora e 30 minuti.
Unite gli spinaci, la polpa di zucca e le patate, in precedenza pelate e tagliate a dadini. Coprite e proseguite la cottura per altri 20 minuti circa. Regolate di sale e pepe e servite la zuppa condita con un filo di olio extravergine di oliva.
Buon appetito!
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