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La Patata Turchesa è una varietà di patata tipica del territorio dell’area del Parco Nazionale del Gran Sasso. La sua è una storia molto simile a quella di altri prodotti di antica memoria ed utilizzo, abbandonati a favore di altri più semplici da coltivare ed utilizzare.

Ma più che una storia, quella della Turchesa è la favola di una Principessa. E in ogni favola che si rispetti, ad un certo punto, c’è sempre l’intervento di una fatina o di un mago.

Con l’ormai diffusa coltivazione della Patata del Fucino (dalla buccia liscia e senza bitorzoli) la Turchesa era praticamente scomparsa, caduta in disgrazia a causa di un carattere non facile e di quelle gobbe che la rendevano un po’ bruttina.

Ma qualcuno si ricordava ancora di lei: erano i vecchi contadini che raccontavano di questa varietà di patata dal colore così particolare e talmente buona che si mangiava cotta sul coppo, oppure sotto la brace e con tutta la buccia. E, poiché, il detto non sbaglia mai e si sa che “il contadino ha scarpe grosse e cervello fino”, anche in questa favola che vi stiamo raccontando, quando la situazione sembrava ormai irreparabile, è arrivato il tocco di magia.

Siamo nel 2002 e nelle vesti di “fatina” della nostra storia è intervenuto il Parco del Gran Sasso che, grazie agli agronomi del Servizio AgroSilvoPastorale dell’Ente, ha recuperato gli ultimi 33 tuberi esistenti nelle zone di origine ad Isola del Gran Sasso e a San Giorgio di Crognaleto, in Provincia di Teramo, per avviarne la riproduzione in vitro. Dopo due anni sono nate 10.000 minipatate con cui è stata avviata la produzione in due zone, ad Assergi e Barisciano (AQ).

Il primo raccolto è stato sorprendente: ogni tubero pesava almeno un chilogrammo e l’Ente ha portato questo progetto di recupero all’attenzione dei media.

Il successo dell’iniziativa è stato travolgente: la riscoperta dell’antico tubero ha richiamato alla memoria dei contadini quel sapore ormai perduto che ricordavano di aver conosciuto da bambini ed ha attirato una schiera di nuove generazioni che avevano sentito parlare della Turchesa dai loro padri o dai loro nonni.

Ognuno di loro desiderava di tornare a coltivare con amore questa Principessa per salvarla dall’oblio. E’ sorta, quindi, una vera e propria rete di agricoltori che oggi, riuniti in associazione, coltivano la Patata Turchesa, diffusa ormai in tutte le zone del Parco Nazionale ed anche oltre.

(Credit foto: turismo.provincia.teramo.it)

Oggi la troviamo:

  • in provincia de L’Aquila: Assergi, Barisciano, Santo Stefano di Sessanio,Castelvecchio Calvisio, Castel del Monte, Campotosto
  • in provincia di Teramo:Isola del Gran Sasso, Arsita, Valle Castellana, Campli
  • in provincia di Pescara: Farindola, Villa Celiera
  • in Provincia di Rieti: Accumoli ed Amatrice.

Nel 2011 la patata Turchesa è stata inserita nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Regione Lazio e Abruzzo.

Credit foto:coltivare.bio)

Credit foto:coltivare.bio)

E’ proprio il colore blu/violaceo che conferisce alla Turchesa delle qualità uniche. Le sue caratteristiche sono riconducibili alla combinazione delle condizioni ambientali unite alla specificità del genotipo.

E’ caratterizzata principalmente dalla pasta bianca e dalla buccia di colore intenso contenente un’interessante quantità di sostanze antiossidanti, paragonabili a quelle del cavolo, ma anche a quelle di altri prodotti di colore viola come i mirtilli.

Le caratteristiche chimiche e nutrizionali della patata Turchesa evidenziano spiccate proprietà antiossidanti ed anticancro da attribuire soprattutto ad alcune sostanze presenti nella buccia, oltre ad un elevato contenuto di sostanza secca, consistenza e granulosità media che le rendono adatta a diversi usi e cotture.

Forse è bruttina a guardarsi, ma perché fermarsi all’apparenza?

Come uno scrigno, la patata Turchesa contiene dentro di sé la ricchezza di un gioiello prezioso.

La Principessa ritrovata, si appresta ormai a diventare Regina.

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