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Di antichissima e poverissima tradizione tutta teramana, la testina di agnello è solitamente consumato il Giovedì Santo. Così come per altre pietanze, le parti meno nobili dell’agnello venivano consumate dalle classi povere, ma ciò non ha impedito di realizzare con gli scarti e le frattaglie dei piatti eccellenti come quello che vi stiamo presentando.

Questa la preparazione tradizionale della testina di agnello, anche detta “la coccetta“. La testa dell’animale viene tagliata a metà, privata dei residui di pelle, delle cartilagini nasali, del sangue e degli occhi. Le due parti vengono tenute a spurgare a lungo in acqua che scorre a filo. Una volta pulite, si farciscono con un ripieno composto da pane raffermo bagnato e strizzato, aglio, prezzemolo e sale.

Aggiungere un filo d’olio sopra l’imbottitura per impedire che la cottura possa in seguito seccarla. Disporre le testine in una teglia unta con olio extra vergine d’oliva e cuocere in forno, aggiungendo una spruzzatina di vino bianco. Mano a mano che si cuoce, si consiglia di bagnare la parte mollicata con il sughetto di cottura per insaporirla ulteriormente.

Quando i liquidi si saranno ritirati e la farcitura avrà formato la crosticina colorita e croccante, il piatto sarà pronto.

Per dare alla testina un aspetto più invitante, può essere cotta con l’aggiunta delle patate: diventerà una sorta di arrosto dal sapore molto particolare.

Purtroppo quella della testina di agnello è una preparazione che sta via via scomparendo, essendo un piatto poco adatto ai facilmente impressionabili e destinato a palati forti. Anche questo è uno dei motivi per cui , difficile anche in quelli estremamente tradizionali, salvo concordarlo o richiedendolo per tempo.

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